Il contesto

La storia del quartiere del Pignone comincia nella Firenze romana. La storia della famiglia Migone si immerge in una storica Firenze florente ma anche rischiosa. L'intraprendenza e l'imprenditorialità della Famiglia Migone sono riusciti a produrre e vendere prodotti di successo e segnare la storia delle candele fiorentine.

IL QUARTIERE DEL PIGNONE ATTRAVERSO LA STORIA

rsz ok quartiere 1 file0248aLa storia del quartiere del Pignone comincia nella Firenze romana. È una città fortificata, sulla riva di un fiume, collegata oltrarno dall’antenato del Ponte Vecchio e da una lunga strada dritta: la via Pisana. Molti campi, i primi orti e le prime case, una chiesa e un piccolo porto: questo era il Pignone in quell’epoca. Risalgono al decimo e undicesimo secolo le prime testimonianze sul Monte Beni, oggi Monte Oliveto. Nel 1040 si trovano tracce del piccolo porticciolo dell’Anconella e, dal 1218, della corporazione dei Navicellai, i cui appartenenti, di condizione agiata, erano soliti prestare le proprie imbarcazioni alla comunità in occasione dei festeggiamenti per il patrono della città, San Giovanni. La città si espande tra il XIII e il XIV secolo con la costruzione di una nuova cerchia muraria, chiamata Mura e Porta di Verzaia, oggi Porta San Frediano, che provoca la divisione tra il Popolo dell’Urbe e quello della campagna. Viene poi costruito il Monastero Benedettino di Monte Oliveto e, dopo un alluvione, vengono erette mura anche lungo il fiume, fino a Ponte alla Carraia. La Torre di Santa Rosa fa da vedetta, per controllare le merci sull'acqua, mentre l'attività del porticciolo dei Navaioli intensifica la propria attività. Il rinforzo della spalletta, per fare da argine al fiume, consentiva un più facile attracco. La sua costruzione a forma di tronco di cono, chiamata tecnicamente ‘pignone’, ha dato il nome all’intera zona a partire dal XVIII secolo. Lungo l’Arno, subito fuori dalle mura, si estendeva la Sardigna, nome romano per le aree disabitata che fungeva sia da zona di sicurezza che da discarica. Sulla sponda opposta dell’Arno si trova il Borgo di Verzaia, che si estende per circa due miglia lungo via Pisana e che ha come appendice il Borgo dei Navicellai. Nel 1529 le truppe spagnole e pontificie assediano Firenze per riportare i Medici al potere e ordinano l’abbattimento delle costruzioni in un raggio di un miglio dalle mura. Questo provoca la cancellazione del Borgo di Verzaia e lo spostamento del porto all’altezza di Ponte della Vittoria. Alla fine del ‘500, le sole costruzioni presenti a Verzaia sono l’Oratorio del Chiesino, il Tabernacolo del Crocifisso, la Villa di Neri Capponi e il gruppo di case dei Navicellai dell’Anconella, dove nel 1632 saranno aperti il lazzaretto e la fossa comune per la peste.

rsz ok quartiere 2 21Nel ‘700, la crescita del porto dà nuovo impulso allo sviluppo urbano della zona, con file di case parallele all'argine, con passaggi carrai e senza cortili interni. La zona si ingrandisce e si unisce a quella intorno a via Pisana, formando così il Borgo del Pignone. Nel 1781 Pietro Leopoldo, Granduca di Toscana, ridisegna l'amministrazione della città. Il borgo, fuori dalle mura, viene assegnato al comune di Legnaia fino al 1865, quando entra a far parte del comune di Firenze come rione del quartiere di Santo Spirito. La chiesa di Santa Maria in Verzaia, distrutta nel 1529, viene ricostruita nel 1614, ma sarà abbattuta per fare spazio, dal 1787, alla Chiesa di Santa Maria al Pignone. Attorno al 1835, il Granduca Leopoldo II fa costruire il Ponte San Leopoldo e il Ponte San Ferdinando, costringendo il porto a un nuovo spostamento. I recenti lavori per la tramvia di Firenze ne hanno fatto riemergere i resti, all’altezza del sottopasso del Lungarno del Pignone, in Piazza Paolo Uccello. Con la costruzione del Ponte San Leopoldo, il quartiere viene collegato con le stazioni ferroviarie di Porta al Prato e della Leopolda, facilitando la circolazione di materie prime e prodotti finiti. Perde importanza, di conseguenza, il porto, cui viene preferito il trasporto su rotaia. Nel 1842 Pasquale Benini inaugura, assieme a due soci, la Fonderia del Pignone, sulla sponda dell’Arno tra via dei Vanni e via dell’Anconella. In quegli anni sorge anche un’officina meccanica di macchine agricole e le Officine del Gas. Con le prime aziende, arriva nel quartiere anche la luce dei lampioni a gas per sostituire quelli a olio, presenti dal 1809. Nella prima metà dell’800, il Borgo del Pignone “ov’è lo scalo dei navicellai sul fiume” è un piccolo agglomerato di case attorno alla chiesa di Santa Maria. Nell’area, però, iniziano a vedersi gli embrioni del futuro quartiere industriale. Nel 1869, al Pignone si contavano ventitré industrie. Si trattava di depositi di ossi, fabbriche di guano artificiale, sego, colla, ai quali si aggiungevano fabbri, carradori e la Fonderia del Pignone. Crescono, attorno alle industrie, le prime case riservate ai lavoratori. Il quartiere del Pignone si trasforma così nel primo quartiere operaio di Firenze. Viene descritto come “il centro dell’immondezza, della putredine e della corruzione” e conserverà a lungo condizioni critiche: ai primi del ‘900, il quartiere aveva l'indice di sovraffollamento più alto della città. Oggi è ormai considerato una zona semicentrale. I diversi piani regolatori hanno apportato molte modifiche alla zona, ma è l'intervento del Bellincioni del 1915‐1924 quello più deciso. Il nuovo Ponte della Vittoria, inaugurato il 26 ottobre 1932, contiene, nel pilastro di sinistra, un’urna di marmo nero con una pergamena che riporta i nomi degli oltre tremila fiorentini morti durante la Prima Guerra Mondiale. Una delle ultime aree agricole ancora esistenti, il Campo del Tantussi, si trasforma in Piazza Pier Vettori, ai cui cui bordi sorgeva già la Fabbrica Migone, alla sinistra della villa Capponi‐Tempi. Il 4 Agosto 1944 il Ponte della Vittoria viene minato e fatto saltare insieme agli altri ponti di Firenze. Con la fine della guerra e la ricostruzione, il quartiere assume la forma che conosciamo oggi, fatta eccezione per la costruzione del supermercato Esselunga in via Pisana, nato dopo il trasferimento e la demolizione degli edifici della fabbrica Migone.

LA VILLA CAPPONI‐TEMPI

rsz ok villa capponi p1060552In origine conosciuta come Villa Verzaia, l’ex Villa Capponi‐Tempi, ancora oggi proprietà Migone, è una dimora storica italiana situata in via Pisana 126, a Firenze. Si hanno documentazioni della famiglia Capponi a Firenze fin dalla metà del 1200. La prima traccia che si ha della villa è nella pianta del “Popolo di Santa Maria a Verzaia”, redatta dai Capitani di Parte Guelfa negli anni ottanta del Cinquecento. Si trattava di un palagio a pianta quadrata, alto due piani e sovrastato da una massiccia torre colombaia del '300. Viene ristrutturato nel '500 e dotato di un vasto giardino che si sviluppava ai lati di uno stradone pergolato perpendicolare al fiume. Sia la villa che lo stradone sono visibili nella pianta prospettica del Bonsignori del 1584. Il 30 ottobre 1671, Piero Scipione Capponi vende l’edificio al senatore Leonardo Tempi. Nel 1737 vi soggiorna Marco Beauvau, principe di Craon. Nel 1817 la villa appartiene ancora ai Tempi, per poi essere ereditata dai Vettori, dei quali ancora oggi si può vedere lo stemma sopra al portone d’ingresso. Intorno al 1840, la villa viene venduta ai Benini, proprietari della vicina Fonderia del Pignone.

rsz ok villa 2 img064La villa viene acquistata dalla famiglia Migone intorno al 1860 e ospiterà parte della cereria e della produzione delle candele fiorentine fatte a mano. La residenza e gli edifici di pertinenza restano inalterati fino al secondo dopoguerra: verranno in parte demoliti nei primi anni ’70 per fare spazio al supermercato Esselunga. La villa, ancora esistente, è oggi suddivisa in appartamenti ma mantiene ancora nella facciata le eleganti linee cinquecentesche date dai Capponi al momento della ristrutturazione. E’ dotata di un portale acentrico bugnato, ovvero contornato da pietre sfalsate e da quattro finestre inginocchiate, cioè il cui davanzale poggia su dei sostegni somiglianti a due gambe dal ginocchio in giù, decorate da motivi a foglie di quercia sovrapposte. Il piano superiore presenta invece cinque finestre dal profilo in pietra, a bugna liscia e collegate da un cornicione. Alla sinistra della villa si trova un imponente portale centinato, a bugne lisce, che immette in quello che rimane della casa colonica annessa e del giardino. Sulla destra della facciata è invece un tabernacolo settecentesco in pietra serena, con un affresco della Madonna col Bambino.