L'industria Migone
Domenico Migone. prima metà 800 ed il figlio Eugenio che da Genova parte per Firenza in cerca di candele e saponi...Una storia ricca di fascino ed intraprendenza. Una storia da scoprire per capire il valore e la storia dell'arte delle candele fiorentine.
Si racconta che, nella prima metà dell’800, un certo Domenico Migone fosse un commerciante di stoffe di Genova. Fece fortuna sposando una donna facoltosa che morì a 101 anni e dalla quale ebbe 23 figli: 14 maschi e 9 femmine. Uno dei fratelli, Niccolò, armatore di navi, arriva a Firenze assieme al figlio Eugenio in cerca di saponi e candele. Quello dell’armatore è un mestiere che, a dispetto del nome, non si riferisce soltanto al settore bellico: l'armatore è colui che provvede a dotare l’imbarcazione di uomini e materiali necessari alla navigazione. Niccolò ed Eugenio conoscono così la “Giovanni Peri e C.”, società specializzata nella fabbricazione e nello smercio di saponi e candele fondata da Giovanni Peri ed Enrico Palazzeschi, al numero 9 di via del Piaggione a Firenze. Alla sua morte, Peri non ha figli e lascia l'azienda in eredità alla madre, Anna Borracci. In aiuto della donna accorrono Niccolò Migone e Mariano Bizzarri che, divenuti negli anni amici di Peri, intendono continuare la sua attività. Nasce così una nuova società, il 17 Ottobre 1866, conservando il nome di “Giovanni Peri e C.”. Eugenio Migone senior viene nominato amministratore dell’azienda, in modo che potesse rappresentare la società in tutti gli affari ed interessi, comprare le materie prime occorrenti e vendere i prodotti. Giovacchino Borracci, fratello della vedova, ha una figlia quasi coetanea di Eugenio che porta lo stesso nome della zia: Anna Borracci. I due si sposano e, come regalo di matrimonio, la zia cede alla nipote una quota della società. Lo stesso fa Niccolò con il figlio: i neo-sposi diventano soci dell’azienda. Il 22 marzo 1878, Anna ed Eugenio hanno il loro primo figlio, Giovanni. Il 2 aprile 1880 nasce anche Niccolò, detto poi Nicola. Quando Anna Borracci, vedova Peri, muore, lascia in eredità la propria quota dell'azienda ai figli, nati o che nasceranno, della nipote. Il 28 ottobre 1882 nasce Ernesto, terzo figlio di Anna ed Eugenio. Settimino, a causa di un parto prematuro causato dallo shock di un incendio in azienda, avrà problemi di salute per tutta la vita e, pur risultando all'anagrafe come industriale, dovrà essere affiancato da un tutore legale: sarà il fratello Ferdinando, nato il 22 giugno 1886. Nel 1895 il socio Mariano Bizzarri esprime il desiderio di ritirarsi. Nel 1899, anche il primogenito Giovanni manifesta la volontà di recedere dalla società. Il padre Eugenio decide allora di liquidare anche la moglie e gli altri tre figli, diventando l'unico proprietario dell'azienda. Nel 1904 lo stabilimento ha un organico di dieci operai maschi, due femmine adulte, un fanciullo e sei fanciulle. Gli impianti di produzione contano sei caldaie, quattro presse, un motore e una caldaia a vapore. Pare che Eugenio senior abbia fatto la sua fortuna provando a tritare il sapone di Marsiglia, fino ad arrivare, dopo vari tentativi, alla formula del sapone in polvere. Agli inizi del ‘900 ottiene l’esclusiva in Italia per la produzione del sapone in polvere Candor e Fulgor. Vengono miscelati anche molti altri prodotti come il detersivo Persil, i saponi Febo, Oliva, Astro, Cavallo, Cetonia, Giglio, Igea, La Fleur, Mirto, Primula e Sublime, il Sapomice per usi domestici, il Laval Shampoo in polvere, la lisciva Ideale o Sapolina Ultra Forte, oltre che le candele Fulgor, Astro, Giglio, Florentia e i lumini Stella Polare. Eugenio muore il 13 marzo del 1909 e la fabbrica viene rinominata “Ditta Industrie Saponi Candele ed affini G. Peri & C. figli di Eugenio Migone successori”. Gli edifici industriali si articolano tra via Pisana e via del Ponte Sospeso, ai due lati della Villa Capponi‐Tempi, e sorgono in parte sul terreno che costituiva il giardino della villa, nel quartiere del Pignone. Nel 1914 viene richiesto un permesso per restaurare alcuni locali, in particolare il reparto saponeria, dove erano presenti tre caldaie e un magazzino. Il 23 giugno 1915 muore la moglie di Eugenio, Anna Borracci. Nell'ottobre 1930 viene approvata la richiesta di costruire un capannone per ampliare lo stabile dove si fabbricano candele fiorentine e saponi, sempre in via del Ponte Sospeso, al numero 12.
Il 27 dicembre 1930 la società passa tutta ufficialmente nelle sole mani di Nicola, che già la gestiva, col nome di “Industria Ceraria Saponi e Affini Migone Ditta Individuale”. Cambia anche la sede, da via del Ponte Sospeso 22 a via Pisana 132. Uomo eccentrico e dal carattere singolare, Nicola fa dipingere sulla cupola di vetro che collegava la fabbrica con l’abitazione privata la scritta “finalmente soli” e affiggere alla porta d’ingresso un cartello con scritto: “In questa casa è nervoso anche il gatto”. Ferdinando, diventato sordo a seguito di un'otite, lascia il lavoro in fabbrica per motivi di sicurezza e diviene impiegato comunale. Con il denaro ottenuto dalla liquidazione apre la Migone Confetti, negozio gestito dalla moglie. Nei primi anni '30 l’azienda è in crisi. La fortuna ricomincia a girare quando, dal 1935, un cugino, Monsignor Giuseppe Migone, viene nominato Arcivescovo titolare di Nicomedia ed elemosiniere segreto del Papa, prima con Pio XI ed in seguito con Pio XII. Pare che, al momento della sua entrata in Vaticano, abbia fatto in modo che la Santa Sede acquistasse le candele dall'azienda dei familiari. La vera direttrice è la moglie di Nicola, Ada, he mandava avanti la produzione con più di trenta operai. Il bis nipote Filippo la definisce “un cervello atomico”. Mentre Ada teneva la contabilità e le paghe dei dipendenti, il marito Nicola visitava i clienti fuori città in compagnia dei suoi rappresentanti su una vecchia Fiat 1100. Durante la Seconda Guerra Mondiale la fabbrica viene requisita dall’esercito tedesco e obbligata a produrre margarina e strutto animale per la Germania. I ponti fiorentini vengono distrutti il 4 agosto 1944 dalle bombe tedesche, con la sola eccezione di Ponte Vecchio. Villa Capponi‐Tempi, come tutta la riva sinistra dell'Arno, rimane isolata dal resto della città. La fabbrica, colpita come molti altri edifici vicino al fiume, subisce notevoli danni. L’attività riprende negli anni seguenti, producendo candele fiorentine da casa e da chiesa, sapone e sego, un prodotto ottenuto dalla raffinazione del grasso animale: quello alimentare veniva infatti destinato al consumo, mentre quello industriale era utilizzato sia come lubrificante che come componente per saponi e candele. Le candele e i ceri ecclesiastici venivano avvolti alla base con una fascetta di carta adesiva ad acqua di un intenso azzurro che richiamava il colore della “cinta” nell'iconografia della Madonna di Lourdes. Questa operazione veniva eseguita da alcune operaie con tale velocità da non riuscire a seguire con lo sguardo il lavoro delle loro mani. Le candele, disposte in ordine nei cartoni, venivano caricate dagli operai sul carretto dell'azienda, trainato dai cavalli che passavano l'Arno traversando il “Ponte Sospeso”. Il carretto e in seguito il camion per la distribuzione dei pacchi faceva il giro della città servendo le maggiori chiese fiorentine, tra cui il Duomo, e gli esercenti dei mercati cittadini. I prodotti erano anche venduti a Firenze, fino al 1993, nel negozio di via Condotta 37/r, di proprietà di Anna, primogenita di Nicola senior. Esso si trovava vicino al mercato agricolo settimanale che si svolgeva fino agli anni ’60 proprio tra via Condotta e via de’ Cerchi, nel pieno centro di Firenze. Nel 1949, Eugenio, quarto figlio di Nicola e unico maschio, eredita la ditta alla morte del padre, avvenuta la notte di Natale. Dal carattere autoritario e severo, Eugenio si trova ad affrontare il periodo postbellico e la ricostruzione. La produzione si industrializza con macchinari tedeschi di comprovata affidabilità e la lavorazione si allarga alla ricerca di un prodotto più elegante. Il 4 novembre 1966, come tutta Firenze, anche la cereria viene colpita dall’alluvione e sommersa da più di un metro d’acqua. L'evento rende i locali, i macchinari e gli impianti inutilizzabili e costringe la famiglia a trasferire la sede, nel 1972, a Scandicci, zona industriale a pochi chilometri da Firenze, in via Ilio Barontini 26. L’8 novembre 1968 viene costituita un'altra società per la coltura e la raffinazione di grassi animali, la produzione di farina di carne, la fabbricazione di candele e per il commercio all’ingrosso di materie prime per l’industria chimica e della gomma. Cessa invece la produzione dei saponi. Nel 1970 muore Ada e l’area di proprietà della vecchia cereria viene acquistata da La Fondiaria S.p.a. Tra il 1972 e il 1973, sullo stesso terreno sorge un supermercato che, nell’autunno del 1973, viene affittato alla Supermarkets Italiani S.p.a., che vi apre l’undicesimo punto vendita Esselunga in Toscana. Il fabbricato aveva sostanzialmente la struttura e l’aspetto che ha oggi: al parcheggio di superficie si accedeva sia dalla via Pisana che dalla via del Ponte Sospeso. Il glicine che ancora oggi si nota nel parcheggio del supermercato fu piantato ai primi del ‘900 da Ada, moglie di Nicola senior, con l’aiuto di Giovanni Moroni, uno dei dipendenti di allora, come portafortuna. Al momento della vendita del terreno, la pianta venne protetta da una clausola che imponeva di non toccarla. Nel 2006, la fabbrica si trasferisce in via Sangallo 23, in località Sambuca, nel Comune di Tavarnelle val di Pesa, vicino a Firenze. L'azienda, con il nome di “Industria Ceraria Migone” è gestita, con un’attività ormai stabilizzata sulle candele, da Nicola Migone e dalle figlie Francesca e Sabrina, tris-nipoti di Eugenio Migone senior e Anna Borracci. La tecnologia di produzione si è sviluppata nel corso degli anni, adattandosi alle nuove tecnologie e alle esigenze del mercato. Cessa nel 1996 la produzione di sego nella sede di Scandicci e vengono eliminate la raffinazione di grassi animali e la produzione di farina di carne. L'azienda si concentra sul commercio di candele e accessori e su quello di materie prime per l’industria chimica e della gomma. Oltre alla produzione di candele da chiesa, l'azienda ha sviluppato sempre di più il settore delle candele profumate e personalizzate. Senza abbandonare la propria tradizione, la Cereria Migone ha ampliato la gamma dei prodotti, pensati per venire incontro alle esigenze di clienti e partner, fino a sviluppare una propria linea di candele fiorentine. Il sigillo in ceralacca è stato il marchio di fabbrica fin dagli inizi dell'attività. Ai primi del '900 era di carta adesiva ad acqua e veniva usato sulle candele e sulle forniture di materie prime. Oggi è stato ripreso e adattato per la nuova linea “Migone 1866”.